GIORNO DEL RICORDO
Cuori senza frontiere
Film del 1950 diretto da Luigi Zampa: è ambientato in un paese che dopo la II Guerra Mondiale si ritrova diviso in due dal confine fra Italia e Jugoslavia.
“Questa terra ha prodotto molta più storia di quanta ne potesse consumare”
Sono trascorsi 71 anni dal 10 febbraio 1947, quando i confini orientali dell’Italia vennero completamente ridisegnati, con il passaggio della maggior parte dell’Istria alla Jugoslavia. In riferimento a questa data è stata istituito, con la legge n. 92 del 30.03.2004, il “Giorno del Ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
Quello che accadde in Istria e in Dalmazia dopo l’8 settembre 1943, in particolare tra 1944 e 1945, rappresenta una delle pagine più inquietanti della storia italiana. Dal settembre 1943 gli infoibati furono varie migliaia. Non si trattava solo di vendette contro i fascisti e i loro collaboratori: vennero colpiti anche gli autonomisti e gli antifascisti, sulla base dell’equazione “Italia uguale fascismo”.
E dopo le foibe, l’esaltazione e l’esasperazione del criterio etnico portarono all’esodo: un grande esodo forzato per effetto del trattato di pace del 1947, che aveva assegnato alla Jugoslavia la maggior parte della Venezia Giulia prebellica, comprese le città italiane di Pola, Rovigno, Parenzo, Fiume e Zara. Una nuova ondata migratoria si manifestò dopo l’intesa con la quale nell’ottobre 1954 fu assegnata alla Jugoslavia la Zona B del territorio libero di Trieste.
Si calcola che, oltre alle varie migliaia di infoibati, furono più di 300.000 i profughi che tra il 1945 e il 1955 lasciarono le loro case per disperdersi nelle città italiane o all’estero, dopo essere passati nei campi di raccolta sparsi per l’Italia (uno dei più importanti era nelle Marche, a Servigliano). Si trattò di una migrazione forzata, indotta da innumerevoli atti di intimidazione, da sparizioni, da nuovi infoibamenti e da continue violenze che crearono un’atmosfera di profonda insicurezza personale se non di vero e proprio terrore.
È in questo confine che- ci ricorda lo storico Raoul Pupo – si costituisce nel secondo dopoguerra una sorta di drammatico laboratorio storico, dove si trovano condensati su una scala geograficamente circoscritta alcuni dei grandi processi della contemporaneità europea: contrasti nazionali intrecciati a conflitti sociali, oppressione totalitaria, guerre di aggressione, scatenamento delle persecuzioni razziali e creazione dell’universo concentrazionario, violenze di massa, spostamenti forzati di popolazione, conflittualità est-ovest lungo una delle frontiere della guerra fredda. Di questa storia, a lungo ignorata, non dobbiamo dimenticare e cancellare nulla: non le sofferenze subite dalle minoranze slave ad opera del fascismo italiano, né quelle inflitte a migliaia e migliaia di italiani dal regime comunista del maresciallo Tito.